Gender quotas, board divesity and spillover effects: evindence from Italian banks

lunedì 15/09/2025

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Donne nei consigli di amministrazione: cosa è cambiato nelle banche italiane?

Perché la diversità conta nei consigli di amministrazione

La diversità nei consigli di amministrazione comporta sia benefici sia costi. Sul versante dei benefici, organi di gestione eterogenei possono migliorare i processi decisionali in materia di strategie e assunzione di rischi. La diversità amplia la gamma di opinioni, esperienze e valori, riducendo fenomeni di groupthink e comportamento imitativo che possono ostacolare una corretta valutazione di rischi e opportunità. Sul versante dei costi, tuttavia, una maggiore diversità può accrescere i costi di coordinamento e ridurre la cooperazione e l’efficacia della comunicazione. Le donne sono tuttora sotto-rappresentate nei consigli di amministrazione. Dall’inizio degli anni 2000, molti paesi sviluppati hanno adottato politiche per favorire la partecipazione femminile nelle posizioni apicali d’impresa. Alcuni hanno introdotto quote obbligatorie (ad esempio, Norvegia, Francia, Spagna, Italia), altri si sono affidati a raccomandazioni (come Regno Unito e Stati Uniti).

Quote rosa: tra sostenitori e critici

Nonostante la loro ampia diffusione in Europa, le quote di genere restano una misura controversa. I sostenitori ne sottolineano l’efficacia come strumento per riequilibrare le opportunità in settori dove le donne incontrano barriere sistematiche, come discriminazioni o stereotipi persistenti. I critici sostengono invece che la sotto-rappresentazione sia dovuta alle scelte delle donne, non a discriminazioni, e che l’uguaglianza di risultati anziché di opportunità rischi di favorire l’ingresso nella governance delle imprese di individui meno qualificati, con possibili effetti negativi sulle performance.

Perché guardare alle banche è importante

L’impatto delle quote obbligatorie nei settori finanziario e bancario è stato meno studiato. Poiché la diversità nei consigli societari può rafforzare le performance grazie a processi decisionali più efficaci, promuovere l’equilibrio di genere nel settore bancario è particolarmente rilevante. Una buona governance aumenta infatti l’efficienza dei controlli, elemento cruciale per garantire stabilità finanziaria e, di conseguenza, una più efficace allocazione di risparmio per favorire lo sviluppo economico.

Di cosa si tratta?

Un contributo rilevante è rappresentato dalla ricerca della Banca d’Italia “Gender quotas, board diversity and spillover effects. Evidence from Italian banks”, di Silvia Del Prete, Giulio Papini e Marco Tonello, che analizza, con riferimento al settore bancario, gli effetti diretti e indiretti della legge 120 del 2011 sull’introduzione in Italia di quote di genere per alcune tipologie di impresa. La legge ha infatti imposto alle società quotate (incluse le banche) e alle imprese a partecipazione pubblica una soglia minima per il genere meno rappresentato (le donne) nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali o altri organi di controllo.

Come è stata condotta l’analisi

Utilizzando i dati amministrativi sulla composizione dei consigli e dei collegi di tutte le banche operanti in Italia tra il 2008 e il 2019, lo studio valuta, sia per le banche quotate (effetto diretto) sia per quelle appartenenti a gruppi quotati (effetti di spillover) l’impatto della prescrizione sulla diversità nei board bancari lungo quattro dimensioni: genere, età, anzianità di mandato e origine geografica. Queste caratteristiche sono messe anche in relazione con i dati su performance e rischiosità delle banche.

Cosa è emerso

La ricerca conclude che la legge ha aumentato la presenza femminile nei consigli delle banche quotate, sia come amministratrici sia come sindache. Tuttavia, solo nei consigli di amministrazione la norma ha generato una diversità più ampia, non interamente spiegata dalla componente di genere. Le banche quotate si sono inoltre adeguate alla prescrizione senza modificare la dimensione dei consigli o ricorrere alla cancellazione dal listino, ma la misura non ha avuto effetti di spillover sugli altri istituti appartenenti a gruppi quotati, suggerendo che il cambiamento culturale richiede tempo. È inoltre importante sottolineare che la legge è risultata neutrale rispetto alle performance, mostrando l’assenza di un trade-off tra uguaglianza di genere ed efficienza aziendale.

I risultati comportano diverse implicazioni di policy. Primo, poiché le quote si sono applicate solo alle istituzioni direttamente coinvolte, resta incerta la tenuta dell’equilibrio di genere una volta scaduto l’obbligo. Proprio questo timore ha spinto il legislatore italiano a prorogare la misura per un altro decennio e ad alzare la quota da un terzo al 40 per cento. Secondo, la mancanza di effetti di spillover suggerisce la necessità di estendere l’obbligo a un perimetro più ampio di soggetti, per rafforzarne l’efficacia. Terzo, sebbene le quote abbiano migliorato l’uguaglianza di genere ai vertici, potrebbero essere utili strumenti ulteriori per favorire la diversità anche ai livelli manageriali intermedi, contribuendo a diffondere una cultura inclusiva fino alle posizioni apicali. Infine, l’esperienza italiana dimostra che le quote nel settore bancario non hanno danneggiato le performance aziendali, confermando che equità ed efficienza possono coesistere.

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