Consigli di lettura: "Le ragioni del dubbio. L’arte di usare le parole" di Vera Gheno (2021 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino)


Vera Gheno riprende il discorso sul potere delle parole, allargandolo anche allo scarto dalla norma, cioè a tutto ciò che non è tradizione e vive ai margini della lingua ufficiale. Perché è lì che le persone si mostrano davvero nella loro interezza , abbandonando le ingessature della regola (pag. 8).

L’autrice evidenzia che sono in atto mutamenti linguistici molto veloci. E per quanto un dizionario possa essere tempestivo nel recepire le modifiche, è sempre alla rincorsa di una lingua e di una società che cambiano incessantemente.

L’aspetto che mi ha colpito di più del libro della studiosa è il concetto di comunicazione generativa. Con questa espressione Vera Gheno fa riferimento ad un modo di scrivere e fare informazione che non vuole manipolare , non vuole esibire la propria preparazione, ma vuole costruire ponti e, sopratutto, dare (pag. 90)…le parole vanno scelte; sceglierle bene non è fuori dalla portata della maggior parte di noi. Certo bisogna volerle scegliere bene, voler fare questo sforzo (pagg. 94-95). Il contrario di una comunicazione generativa è la lingua del potere. E il potere è sfidato da ciò che non è conforme. Ciò che non è conforme però, per quanto possa essere disprezzato a priori, rappresenta la vitalità della lingua, che è per definizione in movimento…

C’è poi l’arsenale delle parole che feriscono o che offendono. Secondo Vera Gheno, l’insulto è un fatto non linguistico, non gestito dalle aree del linguaggio bensì da regioni più profonde e primitive. Le abitudini linguistiche volgari non sono soltanto il sintomo di una violenza diffusa ma sono anche lo strumento attraverso il quale quella violenza continua a diffondersi. Una questione strettamente connessa al linguaggio discriminatorio è quello che la studiosa chiama il maschile sovraesteso. Vera Gheno manifesta un disagio legato al fatto che l’italiano è una lingua con genere grammaticale maschile e femminile, che non prevede una sorta di genere neutro. La sociolinguista partecipa agli esperimenti in circolazione: ‘...lo schwa ha per me il valore di una spilletta per far vedere che ho a cuore la questione dell’inclusività linguistica’ (pag. 138).

Vera Gheno conclude il suo libro con l’esortazione a provare l’ebbrezza della libertà di usare tutte le parole che conosciamo. Il suo è un invito a pensare alla lingua come al territorio delle infinite possibilità piuttosto che come a una serie di recinti e steccati (pag. 177). Aggiunge anche: non fatelo per diventare bravi, fatelo per voi, perché la qualità della vostra vita non potrà che beneficiarne. Coerentemente con il filo conduttore del testo, sottolinea dunque la concretezza delle parole, la cui gestione è una questione centrale nella vita delle persone.

Nell’ambito delle questioni di genere la fatica della comunicazione è la vera normalità. Spesso le donne hanno trovato ostacoli nella possibilità di agire efficacemente con le proprie parole. Questa ingiustizia discorsiva ha depotenziato le loro rivendicazioni. Dunque, per una serena convivenza delle differenze c’è un passo da fare anche in ambito linguistico…perché le parole non sono mai solo parole, ma sono veri e propri ganci verso mondi di significati, verso visioni differenti della realtà (pag. 14).

  

Daniela Appignanesi