Riflessioni sulla rassegna stampa del mese di giugno.


Nell’ottica di genere, l’argomento principale degli articoli di giornale di giugno è stato l’impatto della diversità sulla redditività delle aziende. La posizione prevalente si può così sintetizzare: il maggior numero di donne in posizione di leadership rappresenta una risorsa che arricchisce le aziende, rendendole più innovative e quindi più profittevoli. Da questo punto di vista, la parità è anche un obiettivo di business, non soltanto una politica aziendale. Le analisi d’impatto, infatti, evidenziano che una pluralità di approcci nell'assunzione delle decisioni contribuisce a migliorare la visione strategica, contenendo, fra l’altro, il preoccupante fenomeno della fuga dei cervelli femminili. L’esperienza ha messo in luce una criticità: spesso le donne entrate nei board non hanno sostenuto la parità di genere, che quindi ha fatto fatica ad entrare. La principale spiegazione è la legittimazione: “se sono vista come quota devo dimostrare la mia capacità”. E il problema sociale passa in secondo piano. Nonostante le criticità riscontrate, gli studi sull’impatto delle quote confermano la loro validità per ridurre i tempi della transizione culturale che altrimenti sarebbero molto più lunghi.

Una puntualizzazione è necessaria: promuovere la diversità non vuol dire soltanto assumere il 50% di donne a tutti i livelli, ma vuol dire soprattutto creare le condizioni perché i diversi talenti abbiano le stesse possibilità di accesso alle opportunità e perché l’inclusività si mantenga nel tempo, permettendo a ogni persona di esprimere il proprio potenziale. L’osservazione della realtà ha dimostrato che il gender gap non si colma solo ridistribuendo le risorse economiche, ma dando a tutti opportunità di crescita importanti. La discriminazione delle donne è stata definita dal Premier non soltanto immorale e ingiusta ma anche miope perché crea le condizioni per perdere alcuni dei nostri talenti migliori. Le parole di Draghi rappresentano un punto di partenza per discutere di statistiche di genere, di valutazione d’impatto, di bilanci di genere e di pari opportunità. Se non analizziamo i problemi e le inadeguatezza di alcuni sistemi, misurandoli, non possiamo risolverli.

Alcuni articoli sottolineano lo scarto fra gli intenti espressi con forza dal premier e l’esiguità delle risorse dichiarate: il piano di resilienza possiamo interpretarlo come un primo passo. Quei sette miliardi per la parità sono solo una leva, un innesco che deve consentire di attivare risorse ben più consistenti. Saranno gli atti successivi a dimostrare se davvero si crede nella potenzialità delle donne investendo quote importanti del bilancio sulle infrastrutture sociali, le politiche del lavoro e la formazione. Forte è la centralità che il premier dichiara di attribuire alla questione di genere nel G20, lasciando intravvedere l’intenzione di dare una spinta su questo terreno. La conferenza sull’emancipazione femminile, la prima nella storia del G20, pianificata per il mese di agosto, porrà al centro del dibattito proprio la parità, come speranza trasversale a tutti i temi.

Anche il Papa, alla 109° Conferenza Internazionale del lavoro, ha sottolineato la necessità di garantire che l’assistenza sociale giunga all’economia informale e presti speciale attenzione ai bisogni particolari delle donne e delle bambine. Il Pontefice ha riconosciuto che c’è ancora molto da migliorare, soprattutto in alcuni paesi.

Restringendo il campo d’interesse al settore del credito, il mese di giugno ha fatto registrare passaggi significativi nella rimozione del gender gap. ‘Intesa Sanpaolo’ è stata la prima banca in Italia, e fra le prime in Europa, a ottenere la Gender Equality European & International Standard (Geeis-Diversity), la certificazione dell’Associazione Arborus finalizzata a valutare l’impegno in materia di diversità.

I benefici dell’inclusione vengono riconosciuti anche dalla legislazione europea. Per questo la BCE interviene concretamente nell’ambito del proprio mandato di vigilanza per promuovere maggiore diversità negli organi sociali. Il 15 giugno, la Banca Centrale europea ha deciso di avviare una consultazione pubblica su una versione rivista e ampliata della sua guida alla verifica dei requisiti di professionalità e onorabilità, che introduce nuovi elementi. Fra questi: la rimozione della disparità di genere ai vertici delle banche europee. In altre parole, d’ora in avanti la BCE considererà con attenzione, nella verifica dell’idoneità complessiva, anche la diversità, da tempo valutata elemento fondamentale per una governance efficace. Queste scelte normative sono la conseguenza di analisi e valutazioni, secondo le quali l’inclusione favorisce l’indipendenza di giudizio e l’apertura al confronto dialettico sulle decisioni della dirigenza. L’inclusione consentirebbe, inoltre, di comprendere meglio le parti interessate, il personale e la clientela, favorendo l’espansione della base. Le recenti rilevazioni dell’ABE suggeriscono che la maggiore diversità nei consigli di amministrazione fa aumentare la probabilità di ottenere rendimenti più elevati.

La normativa nazionale è allineata alle linee guida europee. La Banca d'Italia, in data 2 luglio, ha emanato un aggiornamento delle Disposizioni di vigilanza sul governo societario delle banche con la previsione di un maggior numero di donne negli organi, allo scopo di aumentare il valore aziendale, facilitando il ricambio degli esponenti e la riduzione della loro età media.

Anche la “Carta degli investimenti sostenibili”, il documento del 5 luglio con il quale la Banca d'Italia si impegna a gestire i propri investimenti in funzione di uno sviluppo economico in linea con i criteri ESG (ambientali, sociali e di governance), è un indicatore significativo dell’impegno nella diffusione della cultura della finanza sostenibile, da sempre attenta alle condizioni di sicurezza, salute, giustizia, parità e inclusione.

L’osservazione della realtà porta ad una considerazione: alle soglie del terzo decennio del secolo sembra che il cammino verso l’inclusione stia avanzando.