Gender, Money and Finance: le differenze di genere nel mondo della finanza


Le differenze di genere hanno impatto sull’economia? Un maggiore presenza delle donne nei ruoli chiave delle banche centrali e delle istituzioni finanziarie porterebbe a decisioni migliori e a una maggiore stabilità del sistema finanziario? Come le differenze di genere influiscono sulle aspettative di inflazione? Quali sono le implicazioni di tali differenze sull’educazione finanziaria?

Queste le domande al centro del primo “Vienna Economic Dialogue” organizzato da SUERF – The European Money and Finance Forum, Joint Vienna Institute e Oesterreichische Nationalbank il 20 e 21 maggio scorsi.

In apertura, Christine Lagarde e Kristalina Georgieva si sono confrontate sulla loro esperienza di donne - purtroppo ancora poche nel mondo finanziario - che hanno infranto il soffitto di cristallo raggiungendo i vertici delle più importanti istituzioni internazionali e impegnandosi in prima persona per l’attuazione di politiche di promozione della diversità all’interno delle rispettive istituzioni. Entrambe hanno evidenziato come le diversità, non solo di genere, siano cruciali per il benessere e la resilienza della società e vadano perciò valorizzate dai policy makers anziché ricondotte a un unico modello sociale. In quest’ottica, le politiche di bilancio prima di tutto, ma indirettamente anche la politica monetaria, devono essere orientate a garantire pari opportunità di accesso all’istruzione e alla digitalizzazione, al mercato del lavoro, al credito e all’imprenditoria, principalmente per le categorie più penalizzate dalla crisi pandemica.

Con riferimento alla politica monetaria, Paola Profeta (U. Bocconi e Axa Research Lab on Gender Equality) ha mostrato che la quota di donne ai vertici delle banche centrali e nei comitati di politica monetaria si attesta in media al 14 per cento, supera il 50 per cento solo in Canada, Svezia e Serbia, è al 20 per cento in Italia e addirittura in diminuzione nei paesi più poveri. Mentre ciò non ha effetti sull’indipendenza delle banche centrali, i board con una maggiore presenza di donne appaiono anche più propensi ad assumere donne e a prendere decisioni di politica monetaria più interventiste.

Un esempio virtuoso in tal senso è proprio quello della Banca centrale serba, dove le donne rappresentano il 75 per cento dei membri del board (inclusa la Governatrice Jorgovanka Tabakovic) e quasi il 60 per cento dei dipendenti, anche in posizioni manageriali. Secondo la Vice Governatrice Ana Ivkovic, tale risultato è stato possibile senza ricorrere a specifiche politiche di genere ma rendendo l’ambiente lavorativo favorevole alla conciliazione tra lavoro e famiglia, grazie alla possibilità di lavorare da remoto, a tempo parziale o con orari flessibili e offrendo assistenza finanziaria in caso di nascita o adozione di figli. Anche grazie a tale contesto favorevole, sotto la guida dell’attuale Governatrice la banca centrale ha raggiunto i migliori risultati degli ultimi 10 anni in termini di riduzione dell’inflazione, stabilità finanziaria, contenimento dei rendimenti dei titoli governativi e funzionamento del sistema dei pagamenti, tanto che nel 2020 la signora Tabakovic è stata eletta banchiere centrale dell’anno.

Di contro, le banche centrali dell’area dell’euro sono ancora guidate prevalentemente da uomini. Secondo Sylvie Goulard, Vice Governatrice di Banque de France, invece, una maggiore presenza di donne consentirebbe di avere una maggiore diversità di vedute e una migliore combinazione di talenti nei comitati di politica monetaria. Tuttavia, secondo i risultati delle indagini condotte presso il pubblico dalla BCE e da Banque de France nell’ambito della revisione della strategia di politica monetaria, le donne europee, soprattutto le più anziane, sembrano meno interessate e preparate sulla politica monetaria e sull’attività delle banche centrali rispetto agli uomini, mentre si dichiarano più preoccupate della situazione economica attuale, della perdita di potere d’acquisto, dei cambiamenti climatici, delle condizioni delle finanza pubbliche del loro paese e dall’aumento della povertà e delle disuguaglianze.

Nel corso della terza sessione, le professoresse Julia Nelson (University of Massachusetts, Boston) e Renée Adams (Said Business School, Oxford) hanno scardinato lo stereotipo, talvolta supportato anche dall’evidenza empirica, secondo cui le donne sarebbero più avverse al rischio rispetto agli uomini, mostrando che invece la propensione al rischio dipende da altre caratteristiche individuali. Ad esempio, le donne che lavorano nel mondo finanziario appaiono più propense al rischio sia rispetto alle loro controparti maschili, sia rispetto alle donne impiegate in altri settori mentre tale maggiore propensione al rischio non emerge tra gli uomini. A questo stereotipo se ne aggiungono altri – ad esempio la credenza che le donne evitino la competizione, siano meno abili in matematica e meno propense a lavorare a lungo o in determinati momenti della giornata - che spesso si trasformano in barriere alle progressioni di carriera nelle imprese finanziarie. Bisognerebbe dunque chiedersi se la rimozione degli stereotipi e delle barriere a discapito delle donne possa migliorare la performance di tali imprese.

Nell’ultima sessione, dedicata all’educazione finanziaria, i risultati di alcune indagini condotte in diversi paesi hanno evidenziato l’urgenza a livello globale di colmare il divario di conoscenza in campo economico e finanziario che penalizza le donne nelle loro scelte di consumo e investimento e che spesso deriva da una scarsa fiducia nelle proprie capacità decisionali più che da una reale mancanza di conoscenze specifiche. Annamaria Lusardi (George Washington University School of Business e Global Financial Literacy Excellence Center) ha quindi sottolineato la necessità di definire una strategia nazionale che promuova l’educazione finanziaria come strumento di cittadinanza, destinata soprattutto alle categorie più vulnerabili, basandosi su evidenze empiriche ed esercizi di valutazione; tale strategia dovrebbe senz’altro partire dall’introduzione dell’educazione economica e finanziaria nelle scuole ma passare anche attraverso un maggiore dialogo delle banche centrali con i cittadini, per raggiungere un pubblico più vasto.

Le presentazioni e le registrazioni delle sessioni sono disponibili al seguente link: https://www.suerf.org/gender-money-finance-2021