Lavoro o famiglia? L'Italia penultima in classifica fra i paesi UE28


Nel mercato del lavoro le donne italiane arretrano. A dirlo è l’analisi della situazione occupazionale in Italia pubblicata dall’Istat il 2 ottobre scorso.

Se da una parte le donne fanno registrare un aumento del numero totale di occupati (+ 0,5% ad agosto 2017), dall’altra si contano 27.000 domande di licenziamento presentate dalle donne nel 2016, il 40% di queste motivate dalla difficoltà di conciliare il lavoro con la vita familiare. Un dato che fa slittare l’Italia alla penultima posizione nella graduatoria dei paesi UE28 per quota di donne occupate con un divario di 13,2 punti rispetto alla media europea.

Motivazioni particolarmente sentite dalle donne nelle fasce d’età 26-35 anni e 36-45. Le cause principali sono la carenza di istituti di supporto alle famiglie – quali nidi, asili, luoghi ricreativi – e il sacrificio economico troppo alto per sopperirvi, aggravato spesso dall’impossibilità di ottenere orari di lavoro conciliabili con i doveri familiari.

Dai dati Istat di agosto 2017 emerge che la percentuale di donne che continua a lavorare varia molto: tra le donne che vivono da sole l'81,1% rimane occupata, il 70,8% delle donne in coppia ma senza figli mantiene il proprio lavoro, mentre solo il 56,4% delle madri prosegue la carriera.

Il divario aumenta se si analizza il dato a livello territoriale, dove rimangono profonde differenze tra Nord e Sud spesso determinate dal livello di istruzione, l’unico fattore realmente decisivo a garantire la ripresa dell’attività lavorativa dopo la nascita dei figli. L’elevato titolo di studio sembra infatti rappresentare un incentivo a proseguire la propria carriera indipendentemente dal ruolo in famiglia e dal livello di assistenza disponibile, parentale o istituzionale.

Tuttavia, anche i risultati del livello di istruzione in Italia sono preoccupanti per quanto riguarda il divario di genere: oltre a registrare un numero di laureati molto inferiore rispetto agli altri paesi (non solo Europei), in Italia le lauree nei settori scientifici sono quasi esclusivamente conseguite da uomini, escludendo così la maggior parte delle donne dai settori trainanti dell’economia attuale (ICT, Ingegneria, Industria manifatturiera, Costruzioni).

L’intervento dell’UE sembra più che mai indispensabile. Lo scorso luglio Estonia, Bulgaria e Austria, Paesi di turno alla Presidenza del Consiglio dell’UE, hanno presentato un programma a tutela della parità di genere contenente sia le priorità e le azioni da perseguire, sia le iniziative concrete che verranno portate avanti in quest’ambito.

La direzione del programma Trio Presidency Declaration On Equality Between Women And Men è affidato all’High-level group on gender mainstreaming, un gruppo informale composto dai responsabili per il gender mainstreaming e presieduto dalla Commissione Europea, riunito due volte l’anno.

Tra i focus del programma vi è la battaglia contro gli stereotipi di genere, ancora causa principale della segregazione di genere nell’educazione come nel lavoro, nella leadership politica ed economica.

 

Fonti: Istat, OECD, IPSOA, European Parliament