Donne e politica, la crisi spinge le quote rosa


leggete EGLE SANTOLINI da La Stampa

Angela Merkel sembra aver aperto la via per legittimare l’ascesa al potere politico delle donne.

Donne forti che si fanno valere come sempre con maggior impegno richiesto agli uomini e che al governo, in tempi di crisi, possono fare la differenza.  

Ne sono prova Virginia Raggi e Chiara Appendino, che a Roma e Torino dimostrano che le donne riescono a prendere sul serio sia il loro ruolo di madri sia il loro ruolo professionale.

Anche in Europa, fra i tumulti del dopo Brexit Andrea Leadson e Theresa May si sono contese la carica di premier, fondando la loro promozione su un tema unicamente femminile, ovvero sulla differenza tra l’essere madre e non esserlo. 

La Francia si divide tra Marine Le Pen, per la scalata all’Eliseo, e Anne Hidalgo, già sindaca di Parigi.  

Che il soffitto di cristallo si sia rotto nella politica? Il pensiero femminile viene considerato indispensabile per dare nuovo lustro a un mondo decaduto.

C’è bisogno di capacità di cura, inclusione, mediazione ed empatia e soprattutto del senso pratico di cui solo le donne sono capaci nei momenti più difficili.   

C’è chi considera questo passaggio di mano un cinico calcolo degli uomini, che lasciano spazio alle donne guarda caso quando la situazione è drammaticamente difficile. 

Sarà l’immortale simbolo femminile a far così paura?  

Eppure, l’archetipo di questa rivoluzione di potere, Angela Merkel, non serba la delicatezza generalmente associata al gentil sesso. Al contrario di Virginia Raggi, fiera mamma e in carriera, porta suo figlio alla prima seduta comunale, stabilendo la parità dei due ruoli.  

È forse proprio l’assenza di omologazione, la diversità tra le donne autorevoli a creare disagio: ognuna ha la propria dignità e vuole essere responsabile per sé stessa, senza dimenticare la doppia fatica che ha richiesto avere in mano l’ordine delle cose.